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Facciate al vento

3 dicembre 2024

Nel 2014 Rem Koolhaas, in qualità di curatore della 14ª Biennale di Venezia, presentò nel Padiglione Centrale dei Giardini l’esposizione Elements. Come una decomposizione architettonica, l’esposizione si presentava come un vastissimo catalogo degli elementi che la costituiscono. Le pareti, il pavimento, il tetto, il camino, le finestre e persino le scale mobili e gli ascensori erano veri e propri enunciati che ne accompagnavano l’evoluzione in senso cronologico e al contempo tematico.

 

Volutamente omessa dall’elenco di cui sopra, la facciata fu esplorata anch’essa, nell’ambito di questa esposizione, come elemento fondamentale. Considerata il primo piano della costruzione, e sovente l’unico accessibile al passante, in architettura la facciata di un edificio è trattata non solo come piano di espressione artistico-architettonica ma anche come luogo di frontiera tra interno ed esterno, rivelando nel suo trattamento il bisogno di una risposta al comfort e alla struttura.

 

In questo luogo di frontiera sono molte le ricerche realizzate sull’argomento della facciata, segnatamente in termini di materiali e di una sua lettura in qualità di piano. Procedendo dalle facciate massicce e telluriche alle facciate “a scomparsa” (un lungo piano vetrato), c’è spazio anche per le facciate fluttuanti.

 


Disegno del 1916 del grattacielo Zoning Law, a New York, di Hugh Ferriss. Disegno dal libro-manifesto “Metropolis of Tomorrow”, in cui Ferriss rivela la sua visione di una nuova immagine per la grande mela. Immagine tratta dal libro “Delirious New York” di Rem Koolhaas

 

Nei disegni del primo XX secolo, nei quali Hugh Ferriss immaginava una città esponenzialmente crescente in verticale, compaiono già facciate spettrali che sembrano in movimento. Questa fantasmagoria, presente in molti disegni di espressione modernista, come il collage ampiamente disseminato della grande torre nella Friedrichstrasse di Berlino, opera di Mies van der Rohe, si è materializzata con grande espressione nei progetti artistici di Christo & Jeanne-Claude, che a partire dagli anni ’70 avvolgevano in grandi tele interi edifici o monumenti, come l’Arco di Trionfo a Parigi o il Reichstag a Berlino.

 


L’inviluppo di monumenti simbolici in tele, a opera di Christo & Jeanne Claude, oltre a una riflessione su paesaggi e site-specific, ha concretizzato un immaginario sui potenziali usi e sull’espressione di questo materiale nelle facciate. Nell’immagine © il Reichstag avvolto in tessuto, di Christo & Jeanne Claude, immagine digitalizzata da una cartolina del 1995

 

Pur non trattandosi necessariamente del punto di partenza per un utilizzo più concreto in architettura, le esperienze di Christo & Jeanne-Claude hanno comunque contribuito a un immaginario di possibilità quanto all’applicazione dei tessuti nelle facciate.

 

A questo fattore si è poi aggiunta l’esplorazione del tessuto riguardo al suo potenziale tecnologico, sia esso parte di sistemi operativi più complessi o elemento isolato. L’uso del tessuto si offre agli architetti come materiale con capacità di controllare l’opacità e i livelli di assorbimento della luce o di contribuire all’isolamento termico e acustico.

 



Una Curtain Wall House, creata dall’architetto giapponese Shigeru Ban, è simbolica nell’uso di tessuti in facciate in qualità di potenziale tecnico e di design. Sarà seguita da innumerevoli esperienze di architetti come Lacaton e Vassal, Arno Brandlhuber o Office. Immagini © Hiroyuki Hirai, tratte dalla pubblicazione di Peter Hyatt, “Masters of Light: Designing the Luminous House”

 

Uno degli esempi più emblematici dell’applicazione di tessuti in facciate è la Curtain Wall House, di Shigeru Ban, a Tokyo, del 1995. Ispirata agli elementi filtranti dell’architettura tradizionale giapponese, la tenda che copre l’intera facciata di questa abitazione urbana è una risposta ai desideri di un cliente avvezzo a vivere nel tessuto urbano del centro storico della città. Il grande tendaggio, composto da un materiale simile a quello utilizzato per le tende nel senso di abitazioni mobili, serve a controllare le viste e garantire privacy, mantenendo a seconda della sua posizione un senso di permeabilità visiva. Funge inoltre da sistema di controllo della luce e di isolamento, assicurando una migliore ritenzione del calore nei mesi freddi.

 

Più recentemente, una proposta per un’unità abitativa promossa dalla città di Barcellona per la località di Sant Feliu de Llobregat, presentata dall’atelier MAIO, recupera sia i principi immaginativi delle opere di Christo & Jeanne-Claude sia gli aspetti legati al comfort della Curtain Wall House.

 


Candidato al Premio Mies van der Rohe per il 2024, il progetto abitativo dell’atelier MAIO per la località di Sant Feliu de Llobregat, presso Barcellona, si propone di rispondere con soluzioni economiche alle politiche residenziali promosse dalla città per combattere la scarsità degli alloggi. Avvolte in tende esterne, le facciate guadagnano un’espressione di movimento, contribuendo simultaneamente al comfort termico delle abitazioni. Immagine © José Hevia

 

L’applicazione di tende lungo l’intera facciata esterna dell’unità abitativa è una risposta diretta alla condizione di costruzione a costi controllati consueta in progetti di questo tipo. Con poca necessità di manutenzione e lunga vita utile, le tende consentono in modo economico di rendere più efficiente l’edificio dal punto di vista termico.

 

Abbinate a una facciata in mattoni di terracotta e ad altre soluzioni passive, come l’esistenza di un cortile interno che rinfresca il complesso nei mesi più caldi, le tende hanno consentito di mantenere i costi di costruzione e manutenzione associati al rendimento energetico del complesso sotto il livello medio nazionale.

 

L’applicazione delle tende sulla facciata ha permesso anche di integrare i terrazzini come parte di ciascuna abitazione, trasformandoli in spazi ambigui tra interno ed esterno, concetto applicato anche al percorso semi-pubblico del piano terra, con andamento serpentino.

 


La permeabilità, eloquente nella soluzione delle facciate a tenda, guida le multiple dimensioni del complesso, in particolare quelle di natura spiccatamente pubblica. Il piano terra segue la forma e il linguaggio di uno spazio urbano per una migliore integrazione reciproca, sviluppandosi in un percorso ondulatorio su pavimentazione dura per facilitare l’accessibilità e la manutenzione dello spazio urbano. La superficie sul tetto è transitabile per uso comune. Immagine © José Hevia.

 

Con cinque piani e 40 unità abitative, il progetto prioritizza la connettività urbana, l’equità sociale e la sostenibilità, mantenendo simultaneamente un’identità visuale distintiva, segnatamente grazie alle tende, che conferiscono al gruppo in certi momenti una sensazione di edificio a vela, con tessuti bianchi issati al vento.

 

Traduzione da un articolo di Luís Filipe Fernandes

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