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Cosa significa essere architetto

18 maggio 2023

Il punto di vista dei grandi maestri - Mario Botta

 

Gli architetti sono professionisti a tutto tondo: creatività, competenze approfondite e abilità multitasking fanno parte del loro bagaglio professionale. Ma cosa li ispira? Cosa li guida? E come realizzano le loro visioni? In questa nuova serie di articoli della newsletter, ritraiamo le menti creative contemporanee e parliamo di passioni e sfide.

 

Le tematiche ambientali e quelle relative alla sostenibilità stanno inevitabilmente coinvolgendo il mondo dell’architettura. Processi, tecnologie e soprattutto nuove modalità di approccio al progetto pongono oggi non pochi interrogativi in un contesto costantemente in mutazione.

ARCHITECT@WORK ha deciso di intervistare alcuni protagonisti della scena contemporanea con l’obiettivo di avviare una riflessione e di raccogliere utili indicazioni per il futuro.

 

a cura di Enrico Leonardo Fagone

 

ELF: Nel suo lavoro lei ha sempre tenuto a considerare imprescindibile il rapporto con il territorio, con l’habitat nel quale ogni nuovo manufatto deve potersi inserire per stabilire delle relazioni. Un modo di operare riconoscibile a partire da una messa a punto di una ‘dimensione antropologica’ dell’opera di architettura, sempre presente nelle successive fasi di sviluppo e di realizzazione del progetto. Come vede le trasformazioni dell’architettura oggi rispetto alle nuove istanze ambientali e quale dovrebbe essere secondo lei il compito e l’atteggiamento del progettista?

 

MB: Vedo nel mondo dell’architettura di oggi una situazione piuttosto confusa, non c’è chiarezza. La velocità confonde le idee, la rapidità delle trasformazioni ci rende tutti un po’ opachi. Cerco anch’io di comprendere dove stiamo andando e dove si dovrebbe andare. L’architettura è una disciplina solida, concreta che ha bisogno però di grande chiarezza. Dai tempi di Leon Battista Alberti, ogni fase storica, ogni condizione critica che il mondo dell’architettura ha potuto esprimere si è trovata a dover fare i conti con la confusione del proprio tempo.

 

L’architettura è qualcosa di ben definito, immutabile,  che non concede sbavature rispetto alla cultura, di cui anzi è sempre uno specchio, impietoso magari, ma pur sempre legato ai valori espressi in un determinato periodo storico.

 




Struttura ricettiva Fiore di pietra, Monte Generoso, Svizzera (2013-2017). Foto 
© Enrico Cano

 

In questi anni post-pandemia, post-cambiamenti climatici, abbiamo oltrepassato il secolo scorso con grande entusiasmo verso una modernità che in realtà era già tramontata.

 

Ci ritroviamo viceversa ai piedi della scala. Vedo molte ombre, non solo sull’architettura ma anche sul modo di vivere, sulla generazione dei più giovani. Noi abbiamo fatto quello che potevamo fare sullo slancio della società dei consumi, che naturalmente abbiamo criticato, ma che nel contempo era trainante. Quale potrebbe essere oggi e in futuro l’atteggiamento del progettista non è facile dirlo. È certo che viviamo attualmente una fase dove occorre grande prudenza, soprattutto rispetto alle catastrofi che si presentano di fronte a noi: la catastrofe del nucleare, le catastrofi climatiche e dell’ambiente, situazioni che mai così lucidamente sono venute a galla rispetto al passato.

 

Per un secolo abbiamo vissuto di un’eredità storica, di ottimismo che trapelava da tutti i pori della società. Adesso siamo di fronte a delle verità etiche prima di tutto, con le quali dobbiamo fare i conti. Quindi auspicherei un atteggiamento rivolto prima di tutto a cercare di comprendere le ragioni più profonde delle trasformazioni in atto, per fare in modo che le nuove generazioni possano andare avanti. È un tema drammatico sotto molti aspetti, un interrogativo amletico in un certo senso: essere o non essere? Vivo questa condizione di incertezza prima di tutto nella disciplina con la quale io cerco di filtrare la nostra weltanschauung, una visione del mondo, ovvero attraverso gli strumenti dell’architettura.

 

ELF: In tanti anni di attività lei ha tenuto a sottolineare costantemente l’importanza della relazione tra natura e architettura e la centralità dell’individuo. Molti dei valori che sottendono tali equilibri vengono oggi sovente messi in discussione. Quale strategia ritiene possibile attuare per salvaguardarli? Quali insidie secondo lei ma anche quali opportunità può riservare oggi il mondo dell’architettura per la comunità dei progettisti?

 

MB: Quali opportunità può riservare il mondo dell’architettura? Fin tanto che esisterà l’uomo ci sarà bisogno di una casa per lui. L’uomo non può vivere in natura, non può vivere come un animale, non può vivere senza difendersi dagli agenti atmosferici, dal caldo, dal freddo. L’uomo è diventato una creatura molto fragile, molto precaria. E quindi deve curarsi per sopravvivere. Da questo punto di vista l’architettura è inscindibile dalla vita dell’uomo, non si può vivere senza avere uno spazio appropriato e costruito. Una volta bastava difendersi dagli animali, adesso occorre difendersi dai virus, dalla natura che presenta sempre più spesso le condizioni maligne piuttosto che quelle benigne. Far fronte agli equilibri ambientali è dunque una condizione imprescindibile per sopravvivere.

 




Centro sportivo nazionale della gioventù, Tenero (tappa 4 2019-2023) Si tratta dell’ultima tappa dell’ampliamento del centro sportivo, iniziata con la tappa 2 (1990-2001) e proseguita con la tappa 3 (2006-2013). Foto 
© Enrico Cano

 

Il mondo dell’architettura deve cercare nuove opportunità, anche attraverso la storia, attraverso la memoria, attraverso la tecnica. Questa circostanza è per me la sola possibile per sopravvivere di fronte agli eventi della natura più radicali. D’altra parte gli uomini hanno sciaguratamente fatto di tutto per stravolgere gli equilibri naturali e sarà una lotta più impegnativa farvi fronte, impari probabilmente, nel senso che la natura avrà il sopravvento. Non c’è costruzione, non vi è piramide che regga al confronto. Tuttavia mi conforta pensare che l’architettura è una disciplina umanistica, porta con sé il sapere, la cultura, la tradizione di un territorio.

 

Ed è a partire dell’esperienza, dalla capacità di memoria che a mio avviso l’architettura può trovare la forza per affrontare nuove sfide. È una condizione spirituale dell’esistenza, la definirei così. Non siamo stati soli, non siamo stati creati dal nulla e abbiamo la capacità, che forse gli animali non hanno, di trovare attraverso la memoria storica delle soluzioni possibili.

 

Come progettista credo fermamente che il territorio della memoria sia uno strumento operativo fondamentale per dare ancora oggi uno spazio di vita all’uomo.

 

ELF: In più di una circostanza lei ha ricordato che disegnare tanto un piccolo oggetto quanto un intero edificio è comunque un modo per esprimere una visione del mondo, il desiderio di renderlo migliore, più ospitale, più congeniale alla vita e alla gioia dell’uomo. Quali riferimenti, quali stimoli a questo scopo potranno in futuro secondo lei venire in aiuto delle più giovani generazioni di architetti?

 

MB: Nel corso di tanti anni di attività ho avuto modo di verificare come il tema dei luoghi di culto sia forse quello dove meglio si esprime il senso del lavoro progettuale. Confrontarsi con gli elementi basilari come il pensiero e la vita dell’uomo, le motivazioni del suo essere, i suoi interrogativi significa entrare nelle ragioni più profonde di un’architettura.

 



Chiesa di San Giovanni Battista, Mogno, Svizzera (1986-1996). Foto © Pino Musi

 

Nello spazio del sacro ho ritrovato le condizioni di gravità, di luce. E senza luce non c’è spazio, non ci può essere architettura. Il concetto di limite, di soglia, è un altro elemento fondamentale di una costruzione. Cerco sempre di individuare e di dare importanza a questi concetti attraverso i quali si determinano le condizioni di equilibrio tra uomo e ambiente.

 

Ritengo tuttavia inutile fare della retorica; l’uomo si interroga da sempre sulle ragioni per le quali vale la pena di battersi, di lavorare e credere nel proprio fare. In questa direzione ci viene in aiuto il contributo degli artisti. Soltanto coloro che sono riusciti attraverso le proprie opere a declinare a fondo i problemi del vivere, dell’essere oggi uomini sulla terra, le inquietudini ma anche il piacere di realizzare qualcosa per renderci più felici hanno avuto successo.

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