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Zanuso e Mendini: l’anima dialettica del made in Italy

17 marzo 2022

Autore di alcuni tra i progetti più rappresentativi del design italiano il primo e protagonista indiscusso dell’affermazione della cultura postmoderna per il suo contributo teorico e creativo il secondo, entrambi architetti di formazione, Marco Zanuso e Alessandro Mendini sono ora al centro di una inedita rassegna appena inaugurata presso l’ADI Design Museum di Milano (fino al 12 giugno).

 

di Enrico Leonardo Fagone

 

Personalità diverse che ben rappresentano due distinte polarità, due modi di interpretare l’attività progettuale e pure l’impegno profuso in una vita di lavoro per promulgare i valori più alti del design e dell’architettura. Da sempre considerato portavoce di quella capacità di invenzione alla base del successo del made in Italy, come sintesi efficace di competenze creative e di un’attenzione specifica ai procedimenti di fabbricazione più innovativi, Marco Zanuso si è distinto per il modo di operare rigoroso e per aver saputo coniugare ricerca formale e sperimentazione tecnica. Molti ricorderanno la celebre poltrona Lady realizzata per Arflex nel 1951, presente ancora oggi in molte case dei nostri nonni, o per i più giovani, dei loro bisnonni, oggetto divenuto un vero punto di riferimento nel campo degli imbottiti in virtù dell’impiego del poliuretano espanso e di un sistema di fasce elastiche in sostituzione delle più tradizionali molle.

 


Marco Zanuso, poltrona Lady per Arflex, 1951.

 

Un’altra icona del design è senz’altro la radio TS502 disegnata da Zanuso per Brionvega, unica per la sua forma cubica, apribile e difficilmente assimilabile ad un apparecchio radiofonico. La stessa ‘mimetizzazione’ la ritroviamo nel Black, il televisore in bianco e nero che Zanuso ebbe modo di mettere a punto con Richard Sapper, sempre per Brionvega nel 1969, oggi parte della collezione storica permanente del MOMA di New York, e per certi aspetti anche nel telefono Grillo, realizzato ancora con Sapper per Siemens, prodotto a partire dal 1967.

 


Marco Zanuso, televisore Black per Brionvega, in collaborazione con Richard Sapper, 1969.

 

Progetti che alludevano alla diffusione della televisione e del telefono ormai in tutte le case, prendendo tuttavia coscienza di quanto fosse importante, all’occorrenza, poterne celare la presenza quando non in uso, grazie alla particolare forma di parallelepipedo per occultare il tubo catodico mediante un involucro in materiale plastico scuro e trasparente oppure, nel caso del Grillo, includendo in una sagoma ergonomica cornetta e disco combinatore.

 

Un’attitudine, quella di Marco Zanuso, rivolta a perseguire, con ostinazione talvolta, l’efficienza tecnica ed estetica degli oggetti per estenderla alla scala più grande del progetto di architettura.

 


Alessandro Mendini, Caffettiera, scultura in alluminio dipinto, Biennale di Venezia, 1980.

 

Significativi in questo senso gli insediamenti produttivi costruiti per Olivetti a Buenos Aires e a San Paolo del Brasile nel 1961 ma anche progetti meno noti, eppure sotto gli occhi di tutti, come ad esempio il condominio che si affaccia ancora oggi sulla Darsena dei Navigli di Milano, riconoscibile per il singolare disegno del motivo decorativo ‘a drappi annodati’ che ne riveste le superfici e interseca le lunghe balconate sul prospetto principale.

 


Marco Zanuso, stabilimento Olivetti a San Paolo del Brasile, 1961.

 

Se dunque Marco Zanuso ha incentrato la propria operatività nell’evoluzione degli oggetti d’uso e nell’ambito di tipologie architettoniche diversificate - si pensi anche al progetto per il nuovo Piccolo Teatro di Milano, completato nel 1996 - Alessandro Mendini ha dal canto suo veicolato in modo trasversale il percorso della sua ricerca, sottolineando una peculiare riconoscibilità linguistica e pure semantica del fare architettura e design. Quale animatore del dibattito intorno al ‘post-modern design’ e agli svolgimenti che hanno pervaso la scena internazionale tra gli anni Ottanta e Novanta, Mendini è stato artefice, per mezzo di una densa produzione di scritti e contributi critici, oltre che per il lavoro strettamente creativo-progettuale, dell’espansione di gruppi di artisti e designer come Alchimia e Memphis e in generale del dibattito intorno alle vicende della cultura contemporanea sino alla svolta del nuovo millennio.

 


Alessandro Mendini, Museo d’Arte di Groningen (Olanda), 1989-1994.

 

La poetica di Mendini richiamava l’attenzione sulla necessità di considerare, con ironia spesso e con senso critico, il rapporto con gli oggetti, la loro immagine, ma anche quella della città e delle sue architetture come contesti di vita.

 

Il disegno, nella forma più diretta, la componente cromatica e decorativa, caricaturale a volte, ludica e insieme concettuale, puntavano a recuperare lo spirito delle avanguardie, dei futuristi in particolare, di figure come Fortunato Depero, riproponendo, e rivendicando, una più libera possibilità di espressione e manipolazione. Un modo per mettere in luce nel contempo valori antropologici, percettivi, linguistici, propri della cultura visiva e dell’universo degli oggetti contemporanei. Come quelli che arredavano la Stanza banale alla Biennale di Venezia del 1980, in cui una caffettiera moka diventava un totem decorativo caricandosi di significati estetici e simbolici ben oltre la sua funzionalità, o ancora nei numerosi manufatti ceramici in cui Mendini amava evidenziare la matrice fattuale e decorativa, la sapienza artigianale alla base di molti archetipi degli oggetti d’uso quotidiano.

 


Marco Zanuso con Richard Sapper e il telefono Grillo nel 1966.

 

Una posizione, quella di Alessandro Mendini e insieme del fratello Francesco, che ne ha quasi sempre accompagnato i progetti, ribadita più volte nell’ironica ‘rivisitazione’ della seduta Proust, forse la più conosciuta tra le sue realizzazioni, o ancora nel Museo d’Arte di Groningen, inaugurato nel 1994, che può essere considerata l’opera di architettura più significativa, e nel contributo fondamentale all’affermazione di aziende come Abet Laminati e Bisazza.

 


Alessandro Mendini, ritratto sulla poltrona Proust nel 2009.

 

Ad accomunare le personalità di Zanuso e Mendini è stata senz’altro la vitalità creativa e di pensiero che la mostra di Milano intende ora mettere in luce. Una rassegna che non ha soltanto un valore documentario e antologico ma di riflessione sulle loro ricerche e poetiche; un invito - soprattutto per le generazioni più giovani di architetti e designer - ad avere consapevolezza delle proprie azioni per muoversi nel tempo presente senza condizionamenti, piuttosto tesaurizzando quanto la contemporaneità offre in termini di stimoli, opportunità creative e d’invenzione, caratteristica ancora oggi distintiva del design italiano. Marco Zanuso e Alessandro Mendini dunque come portavoce della cultura progettuale. Due figure il cui operato si rivela di grande interesse e attualità per il modo di guardare al nuovo, per il desiderio ininterrotto di trovare soluzioni appropriate, per pensare agli oggetti ma anche al loro contesto, allo spazio intorno, all’individuo. Un insegnamento e una profezia al tempo stesso che dimostra la relazione sempre più stretta tra design e architettura, tra necessità oggettive e libertà di immaginazione.

 

© tutte le foto: Courtesy ADI Design Museum, Milano

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